(Articolo di Elena M.)

Il 22 luglio mi sono svegliata alle 3 di mattina, ho preso lo zaino e sono partita verso l’America, per partecipare al Jamboree. Il viaggio è stato un po’ lungo (31 ore tra macchina, corriere e aerei) ma ne è valsa la pena!

Per chi non lo sapesse il Jamboree è un ritrovo internazionale di scout che si tiene ogni 4 anni in un diverso Paese. Questo Jamboree, il 24esimo, è stato ancora più unico, infatti si è tenuto in Nord America, West Virginia, ma è stato organizzato da tre Stati: USA, Canada e Messico. 

Ogni Jamboree è caratterizzato da un tema e quello di quest’anno era “Unlock a new world” ovvero “Sblocca un nuovo mondo” e il contingente italiano si è concentrato sul fatto che per riuscire a cambiare qualcosa nel mondo è necessario costruire ponti. Per questo motivo il simbolo del contingente italiano era il ponte di Leonardo e ogni reparto italiano partecipante aveva il nome di un ponte. Io faccio parte del reparto Ponte di Cividale, formato da 17 guide ed esploratori friulani e 19 guide ed esploratori veneti.

Il 23 luglio alle 5 di mattina io e il mio reparto siamo arrivati alla Summit Bechtel Reserve, la riserva naturale che ha ospitato l’evento e abbiamo organizzato il nostro sottocampo, piantato le tende in cui avremmo dormito per i seguenti 10 giorni e conosciuto i nostri vicini: Messicani da una parte e Brasiliani dall’altra. Concluso l’allestimento, siamo partiti alla velocità della luce per andare a scoprire che cosa c’era al di fuori del nostro sottocampo. Con le mie squadrigliere, i Delfini, abbiamo girato un po’ per il campo base (C) e ci siamo subito rese conto delle immense dimensioni dell’evento: per passare dal campo base C all’A ci volevano 45 minuti buoni di camminata. Penso poi che sia stato proprio durante quella passeggiata che ho iniziato davvero a sentire lo spirito del Jamboree: ad ogni passo incontravo qualcuno di una diversa nazionalità ed era un continuo salutarsi e battersi “il cinque”. Abbiamo conosciuto un sacco di ragazzi e ragazze: americani, svedesi, messicani, canadesi, australiani… ed è stato bellissimo. Si respirava un clima di serenità e fratellanza e si percepiva che tutti non desideravano altro che, appunto, costruire ponti!

Il mio momento preferito in assoluto poi è stato proprio quella sera, la cerimonia di apertura a cui hanno preso parte tutti i partecipanti del Jamboree. Senza considerare che è stato uno show magnifico, mi ha emozionata il fatto di vedere tante bandiere, tante persone diverse, che vivono da parti opposte del mondo, stare insieme, divertirsi e condividere lo stesso spirito come fossero amici da una vita.

Per tutti i giorni seguenti abbiamo avuto la possibilità di partecipare ad un sacco di attività fantastiche come stand up paddle, sub, zip line, arrampicata, sparo, tiro con l’arco, lancio dell’accetta e del coltello, mountain-bike, rafting e molte altre e, nel tempo libero di girare per il campo e fare nuove conoscenze.

Tra tutte le esperienze che ho fatto mie ne ricordo due in particolare, due cene: al Jamboree infatti si può invitare o essere invitati a cena in altri sottocampi. Una di queste cene, a ben pensarci, è stata un po’ surreale: infatti io e la mia squadriglia siamo state invitate a cena da alcuni scout giapponesi che avevano il sottocampo proprio dietro il nostro: noi avevamo preparato la pasta al pomodoro e loro il riso e la zuppa e abbiamo iniziato a mangiare insieme. Ad un certo punto, però sono arrivati anche degli scout messicani che portando del cibo tipico del loro Paese ci hanno chiesto di unirsi a noi, così alla fine della serata ci siamo ritrovati ad essere giapponesi, italiani e messicani, tutti intorno allo stesso tavolo a scherzare e divertirci.

La seconda cena invece è stata con un ragazzo e una ragazza australiani ed è stata bellissima perché oltre a mangiare insieme abbiamo fatto anche un po’ di gossip, giocato a carte, ascoltato le nostre e le loro canzoni preferite e riso un sacco. 

Il 26 luglio è stata poi una giornata fantastica: il Cultural Celebration Day, un intero giorno dedicato alla promozione della propria cultura e alla scoperta delle altre. Durante quella giornata ho scoperto un sacco di cose e credo di poter dire di aver fatto il giro del mondo in ben meno di 80 giorni! Al termine della giornata c’è stato lo Unity Show, una cerimonia durante la quale abbiamo celebrato tutte le nostre diversità.

Si sa, però, che tutte le cose belle finiscono in fretta, infatti la sera del 2 agosto c’è stata la cerimonia di chiusura del 24esimo Jamboree e il passaggio di testimone agli scout della Corea del Sud, che si occuperanno di organizzare il 25esimo Jamboree.

Durante la cerimonia ho pensato a tutti i dubbi e i ripensamenti che ho avuto nel mandare la mia richiesta di iscrizione: sinceramente se tornassi indietro non ci penserei due volte perché è stata un’esperienza fantastica, irripetibile e indimenticabile.

Credo che la cosa più importante che ho imparato dal Jamboree sia che un mondo di pace e di rispetto reciproco è possibile, se ce l’abbiamo fatta noi ragazzi a vivere e a divertirci insieme, non vedo perché non dovrebbero farcela anche gli adulti!