I ragazzi e le ragazze del Clan e del Noviziato hanno partecipato e animato una stazione della via Crucis della parrocchia di San Domenico, che aveva come tema la Pace e la guerra.
Vi riportiamo la riflessione dei nostri rover e delle nostre scolte, nata partendo dalla stazione “Gesù incontra la madre e alcune donne”.

Una donna ucraina viene intervistata durante una protesta contro la guerra in Ucraina avvenuta a Roma il 26 febbraio.

«Due figli, quattro nipoti, che vivono nelle cantine, senza protezione. Ho un figlio che è andato a combattere; perché fate i conti solo sulla vostra economia? I soldi si trovano sempre; oggi uno paga di più, domani di meno; si lavora e si guadagna… ma la vita dei figli si può comprare? È un poliziotto, aveva l’obbligo di andare; ha detto: “mamma, se non ora, quando?”. Non avremo mai più la fortuna di essere liberi come siete voi (si sta riferendo al giornalista, italiano), di essere tranquilli. Vi dispiace, vero? Vi dispiace, ma voi dormite tranquilli. Anche qui, noi non dormiamo da due giorni; è solo il telefono, è solo ciò che ci scrivono, la pace, l’Europa, il mondo. »

Molte madri russe non ricevono notizie dei propri figli e dei propri mariti da giorni, quindi telefonano ai numeri verdi ucraini, nella speranza di averne notizia.

«Scusi se disturbo…». Una voce rotta dal pianto arriva fievole da una lontana provincia della Russia. A Kiev, nel cuore dell’Ucraina dilaniata, le risponde un’altra voce femminile, con un tono quasi materno. In quelle due voci che dialogano con dolcezza, tutte e due con il pianto a malapena trattenuto, si riassume la follia di questa guerra. La voce che chiama è quella di una donna russa che non riesce più ad avere notizie del marito, partito per la guerra credendo di andare a fare esercitazioni militari. La voce che le risponde è di una volontaria ucraina che aiuta le russe a trovare informazioni sui loro cari.

Ora il racconto di Inna Mavloska, che oggi vive in Italia:

“Anche se c’è pericolo la gente vuole tornare nelle proprie abitazioni e nella propria città. Nella mia città natale dopo il ritiro dei soldati, le donne di comune accordo stanno mettendo fiori e tulipani sulle aiuole, stanno mettendo in opera 200 macchine per raccogliere le macerie e la spazzatura che si trova sulle strade. Per quanto riguarda i soccorsi e gli aiuti, io prima avevo una piccola azienda logistica che aveva molti rapporti con la Russia e da quando è scoppiata la guerra la mia attività è praticamente cessata. Quindi ho fatto rientrare in Italia tutti i camion per riorganizzarli: adesso li carichiamo di tutti i materiali necessari che raccogliamo grazie alle donazioni e poi li spediamo fino a Leopoli, dove si trova una squadra statale di volontari che li distribuisce.

Donne che pregano. Donne che decidono di rimanere al fianco dei propri mariti per resistere ai carri armati che avanzano e ai razzi che esplodono. Donne che allattano tra le macerie e sotto il tiro dei mortai, donne che soccorrono, preparano il cibo, che danno alla luce la vita, nuova speranza, aspettando ore alle frontiere. Donne alla guida di auto e camion, perché la nazione è sotto attacco. Donne in marcia con le poche cose raccolte, tra freddo e neve.

Fuori dall’Ucraina altre raccolgono aiuti, lavorano in politica, in diplomazia per trovare soluzioni, protestano nelle piazze, vengono arrestate e picchiate. Donne: figlie, sorelle, madri, mogli, amiche, a costruire società, sostenere economie, portare istruzione e creatività, custodire il creato, proteggere l’umanità

Donne nell’ordinario, sostegno, aiuto e guida, eroiche, anche quando l’ordinario è distruzione. Donne che in ogni parte del globo si oppongono a logiche di separazione e inimicizia, che lavorano per l’unità.

Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse:

 «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli

Ma cosa voleva dire in realtà Gesù?

Secondo noi nelle parole di Gesù non c’è solo un semplice rimprovero, ma una concreta spinta ad agire. Anche noi, come Gesù, vogliamo sottolineare l’importanza di essere artefici della pace, di non soccombere ad un pianto sterile ma agire piantando il seme della fratellanza oggi, per poi raccoglierne i frutti domani.